ARTE ORAFA E CORALLI ALGHERO

La Storia del Corallo

Il Corallo (Corallium Rubrum) è stato utilizzato dall’uomo sin dall’antichità come monile prezioso carico di virtù magiche. Sulla sua natura furono formulate le ipotesi più diverse e fantasiose. Si pensava ad un magico vegetale marino che induriva a contatto con l’aria, un minerale con forma vegetale. Tra le tante leggende che ne spiegano la nascita, forse quella che si rifà al mito di Medusa, il mostro che pietrificava col suo orrendo sguardo gli esseri viventi, è la più suggestiva.

La natura animale del corallo è stata dimostrata solo in tempi relativamente recenti, nel 1723, dal biologo Peyssonet. Il corallo forma colonie che hanno l’aspetto di rametto o piantina (polipai) di colore variabile tra il rosa pallido e il rosso scuro, dotate di scheletro interno. Gli elementi di valutazione di un buon corallo sono lo spessore, il colore e la compattezza che lo caratterizzano.

Nel nostro mare è possibile osservare colonie di corallo a circa 7-15 metri, ma gli esemplari necessari per la lavorazione si possono trovare solo a grandi profondità, oltre i 100 metri. In tempi relativamente recenti la Comunità Europea ha proibito l’uso dell’ingegno, uno strumento di pesca primitivo che provocava danni gravissimi nell’ambiente marino in cui veniva utilizzato.

Il corallo di Alghero, città di lingua e tradizione catalana in Sardegna, è conosciuto come tra i più pregiati del Mediterraneo per la particolare fama di quantità, qualità, compattezza e soprattutto per il colore rosso rubino, tanto da rimarcare uno degli aspetti economici più importanti del territorio, chiamato anche Riviera del Corallo, e della città, e da avere nel suo stemma un ramo del pregiato corallo rosso su una base di roccia. Per il particolare abbinamento alla gioielleria ed all’artigianato orafo prende anche il nome di oro rosso.

DAL GREZZO AL PREGIATO

La lavorazione del Corallo

Il corallo viene impiegato, sia come pietra preziosa in gioielleria, sia nella fabbricazione di oggetti artistici e decorativi. Due sono, in estrema sintesi, i settori di produzione: il “liscio” e “l’incisione”. La scelta del corallo grezzo: il materiale grezzo pescato viene lavato e diviso secondo dimensione, forma e colore, per poterne poi scegliere la più conveniente utilizzazione. Particolare è la terminologia per distinguere il grezzo secondo la grossezza: terraglio, cime e rametti sottili; terraglione, rametti più grossi; barbaresco, rami di 4-5 mm. di diametro; corpo, rami di oltre 55 mm. di diametro; mostra, parte di maggior grossezza; paccottiglia, tronchi più diritti e senza ramificazioni.

Il corallo è lavorato artigianalmente nelle varie procedure di taglio, incisione e montatura. Diverse le tecniche orafe eseguite con particolare competenza e virtuosismo tecnico: filigrana a giorno e su lastra, traforo su lastra, intarsio di corallo e pietre dure, alle quali si abbinano tutte le tecniche classiche di oreficeria. Particolare cura e attenzione viene riservata all’infilatura delle collane e dei bracciali in corallo, le cui perle sono rigorosamente selezionate in base alla sfumatura di colore e alla dimensione, con precisione millimetrica.

Spianatura e formatatura: in tale fase, il corallo, infilato in un filo di ferro rigidamente teso, viene sgrossato su una mola di pietra arenaria. La modellatura viene effettuata con una grossa mola. Per il “tondo e rotondo”, occorre un ulteriore rifinitura con una lima di acciaio temperato a punta, detta “quadrella”, per rendere perfetta la curva del pallino; ora gli strumenti non sono più manuali ma elettrici. Il corallo grezzo viene attaccato con delle speciali colle all’estremità di un cilindro in ottone alla cui estremità ci è una manopola che ne permette la rotazione. Mediante l’opera abrasiva di una grossa mola il pezzo di corallo assume la forma desiderata dall’artigiano che per ottenere pietre calibrate può ricorrere all’ausilio di dime in plexiglass da cui “ricalcare” forme e misure.

Lucidatura (Lustrata): i coralli vengono posti da prima in piccoli buratti mossi tramite un motorino elettrico, insieme ad acqua, polvere di pomice e frammenti sminuzzati di corallo, per sfruttare l’azione abrasiva di tali sostanze. In seguito a ore e ore di tale trattamento, che ha la funzione anche di eliminare le piccole imperfezioni superficiali dovute all’azione della ruota abrasiva durante la formattatura, la lucidatura del corallo viene completata con delle spazzole in cottone con l’ausilio di paste abrasive.

Taglio: tradizionalmente, nel passato, si svolgeva su un apposito banco di legno, incidendo il pezzo prima con una lima di acciaio a triangolo, poi più profondamente, con una spada a sega e recidendolo, infine, con una grossa tenaglia. Attualmente vengono utilizzati sottilissimi dischi la cui lama diamantata, girando ad alta velocità, permette all’artigiano un taglio molto preciso del ramo partendo da grossi cilindri sino ad arrivare a sottili fette a seconda dell’uso e del tipo di lavorazione che si vuole fare in seguito, che si tratti della formazione di un cabochon, di pallini o di elementi utili per fare intarsi.

Foratura: si utilizzano trapani a colonna o a doppi motori elettrici. Il pezzo di corallo da forare viene chiuso a “tenaglia” da 2 coppette che consentono l’ingresso delle punte da parte a parte per ottenere una foratura più precisa possibile. Le punte attualmente utilizzate sono in tungsteno le cui estremità hanno una particolare forma “a freccia”.

I coralli vengono ulteriormente selezionati secondo misura, colore e qualità e cosi assortiti sono composti in fili di varia lunghezza che per tipologia possiamo elencare in:

Frange: fili composti da cime sottili di corallo, lunghe dai 5 ai 50 mm. circa, bucate in senso orizzontale in prossimità di una delle due estremità; la lunghezza dei coralli è digradante dal centro verso le estremità.
Spezzati: fili composti da piccole cime di corallo lunghe dai 4 ai 10 mm. circa, bucati al centro in senso orizzontale.
Rocchielli: piccole cime di corallo poco più spesse degli spezzati, diritte e con i bordi leggermente torniti.
Cupolini: rocchielli a punte completamente tornite.
Mezzi finiti: tronchetti di corallo simili ai cupolini, ma lavorati al centro in modo da diminuirne lo spessore. Questo consente maggiore aderenza ad incastro tra i coralli, così da renderne più fitta la sequenza.
Finiti: permette di ottenere due pallini uniti tra loro. Nel punto di unione viene praticato il foro per l’infilatura.
Cannettine: tronchetti diritti, di misura e spessore variabili, levigati in modo da assumere una forma cilindrica e bucati in senso longitudinale.
Mezzania: cannettine molto corte (fino a un massimo di 6 mm.), con i bordi smussati.
Chiattelle: rondelle di corallo, più o meno spesse, con i bordi arrotondati.
Flotticelle: cilindri di corallo appena smussati alle estremità. Vengono preparati in fili da 45 a 240 cm. di lunghezza.
Olivette: coralli a forma di oliva, più o meno allungate.
Corpetti: piccoli globi di corallo, di lunghezza leggermente inferiore alle botticelle.
Corpi: corpetti leggermente più grandi (4-5 mm. di diametro).
Corallo di Fabbrica: hanno forma simile ai corpi ma dimensioni maggiori.
Tondo: pallini perfettamente sferici.
Colletti: fili di spezzati lunghi 18 cm.
Fili a scalare: fili con coralli dello stesso taglio posti in ordine decrescente dal centro verso le due estremità.
Fili uguali: fili con coralli dello stesso taglio e della stessa grandezza.